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Thomas Piketty:
Il capitale nel XXI secolo

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1,14797,946,eco,ita,20170302,20170414,5,Thomas Piketty: Il capitale nel XXI secolo
20170302-20170414, 946 pages, 5* SalesInfo o eng

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1.SisällysluetteloContentsСодержание
(1,2,3,4,5)
2.MuistiinpanotHighlightsПримечание
h
3.SanastoVocabularyСловарь
w
4.KielikuvatIdiomsИдиома
i
5.MääritelmätDefinitionsОпределения
d
6.HenkilötPersonsЛичности
p
7.KirjanmerkitBookmarksЗакладка
b
8.YhteenvedotReviewsРезюме
###
9.HuomautuksetRemarksЗамечания
@@@

Sisällysluettelo Contents Содержание (Code: (1,2,3,4,5))

10940001 professor at the Paris School of Economics and Centennial professor at the London School of Economics new International Inequalities Institute.
50002 Introduzione
6000201 Un dibattito senza fonti?
8000202 Malthus, Young e la Rivoluzione francese
10000203 Ricardo: il principio di rarità
13000204 Marx: il principio di accumulazione infinita
19000205 Da Marx a Kuznets: dall’apocalisse alla favola
22000206 La curva di Kuznets: una buona notizia in tempi di guerra fredda
25000207 Rimettere la questione della distribuzione al centro dell’analisi economica
26000208 Le fonti utilizzate in questo libro!s,la seconda riguarda i patrimoni, la loro distribuzione e il rapporto tra patrimoni e redditi.
33000209 I principali risultati ottenuti in questo libro
36000210 Fattori di convergenza, fattori di divergenza
42000211 Il quadro geografico e storico
47000212 Il quadro teorico e concettuale
51000213 Piano dell’opera
63000214 La divisione capitale-lavoro sul lungo periodo: non così stabile
6001 PARTE PRIMA REDDITO E CAPITALE
600101 1. Reddito e prodotto
66010101 La nozione di reddito nazionale
70010102 Che cos’è il capitale?
72010103 Capitale e patrimonio
76010104 Il rapporto capitale/reddito
79010105 La prima legge fondamentale del capitalismo: α ( r × β)
84010106 Il bilancio nazionale, una costruzione sociale in divenire
90010107 La distribuzione mondiale del prodotto
92010108 Dai blocchi continentali ai blocchi regionali
94010109 La disuguaglianza mondiale: da 150 euro mensili a 3000 euro mensili
99010110 La distribuzione mondiale del reddito: più disuguale del prodotto
101010111 Quali fattori aiutano la convergenza tra paesi?
1140102 2. La crescita: illusioni e realtà
115010201 La crescita sul lunghissimo periodo
117010202 La legge della crescita cumulata
119010203 Le tappe della crescita demografica
127010204 La crescita, fonte di livellamento dei destini
130010205 Le tappe della crescita economica
134010206 Che cosa significa un potere d’acquisto moltiplicato per dieci?
141010207 La fine della crescita?
144010208 Con l’1% di crescita annua una società si rinnova profondamente
146010209 Dopo i “Trente glorieuses”: destini incrociati tra le due sponde dell’Atlantico
149010210 La doppia curva a U rovesciata della crescita mondiale
153010211 Il problema dell’inflazione
155010212 La grande stabilità monetaria del XVIII e del XIX secolo
157010213 Il senso del denaro nel romanzo classico
159010214 La fine degli standard monetari nel XX secolo
16802 PARTE SECONDA LA DINAMICA DEL RAPPORTO CAPITALE/REDDITO
1680201 3. Le metamorfosi del capitale
169020101 La natura della ricchezza: dalla letteratura alla realtà
172020102 Le metamorfosi del capitale nel Regno Unito e in Francia
177020103 Grandezza e caduta dei capitali esteri
180020104 Redditi e patrimoni: alcuni ordini di grandezza
181020105 Ricchezza pubblica, ricchezza privata
188020106 Il Regno Unito: debito pubblico e rafforzamento del capitale privato
192020107 A chi giova il debito pubblico?
196020108 I rischi dell’equivalenza ricardiana
2070202 4. Dalla Vecchia Europa al Nuovo Mondo
207020201 La Germania: capitalismo renano e proprietà sociale
215020202 Choc subiti dal capitale nel XX secolo
220020203 Il capitale in America: più stabile che in Europa
226020204 Il Nuovo Mondo e i capitali esteri
229020205 Il Canada: proprietà secolare della Corona inglese
231020206 Nuovo Mondo e Vecchio Mondo: il peso della schiavitù
235020207 Capitale negriero e capitale umano
2410203 5. Il rapporto capitale/reddito sul lungo periodo
243020301 La seconda legge fondamentale del capitalismo: β ( s/g)
246020302 Una legge di lungo periodo
250020303 Il ritorno del capitale nei paesi ricchi dopo gli anni settanta
254020304 Al di là delle bolle: crescita debole, risparmio forte
257020305 Le due componenti del risparmio privato
2960204 6. La divisione capitale-lavoro nel XXI secolo
296020401 Dal rapporto capitale/reddito alla divisione capitale-lavoro
300020402 I flussi: più difficili da stimare degli stock
303020403 La nozione di rendimento puro da capitale
304020404 Il rendimento del capitale nella storia
307020405 Il rendimento da capitale all’inizio del XXI secolo
310020406 Attivi reali e attivi nominali
313020407 Anche se sappiamo benissimo che i patrimoni più consistenti sono spesso i meglio indicizzati e i più diversificati a lungo termine, e che invece i patrimoni modesti – come i conti bancari e i libretti di risparmio – sono quelli più duramente colpiti.
316020408 La nozione di produttività marginale del capitale
318020409 Troppo capitale uccide il capitale
322020410 Al di là di Cobb-Douglas: il problema della stabilità della divisione capitale-lavoro
326020411 La sostituzione capitale-lavoro nel XXI secolo: un’elasticità superiore a uno
329020412 Le società agricole tradizionali: un’elasticità inferiore a uno
329020413 Il capitale umano è un’illusione?
331020414 Le dinamiche della divisione capitale-lavoro nel medio termine
335020415 Ritorno a Marx e al “calo tendenziale del saggio di profitto”
339020416 Al di là delle “due Cambridge”
342020417 Il ritorno del capitale in un regime di crescita debole
344020418 Il ritorno del capitale in un regime di crescita debole
35203 PARTE TERZA LA STRUTTURA DELLE DISUGUAGLIANZE
3530301 7. Disuguaglianze e concentrazione: primi riscontri
354030101 Il discorso di Vautrin
357030102 La questione centrale: lavoro o eredità?
360030103 Disuguaglianze determinate dal lavoro, disuguaglianze determinate dal capitale
362030104 Il capitale: distribuito in modo sempre più disuguale rispetto al lavoro
365030105 Disuguaglianze e concentrazione: alcuni ordini di grandezza
369030106 Classi popolari, classi medie, classi superiori
371030107 Lotta di classe o lotta di centili?
376030108 Le disuguaglianze determinate dal lavoro: disuguaglianze scontate?
378030109 Le disuguaglianze determinate dal capitale: disuguaglianze estreme
383030110 La novità più importante del XX secolo: la classe media patrimoniale
386030111 La disuguaglianza totale dei redditi: i due mondi
391030112 I problemi posti dagli indicatori sintetici
393030113 Il velo di pudore delle pubblicazioni ufficiali
396030114 Ritorno alle “tabelle sociali” e all’aritmetica politica
4030302 8. I due mondi
403030201 Un caso semplice: la riduzione delle disuguaglianze in Francia nel XX secolo
407030202 La storia delle disuguaglianze: una storia politica e caotica
409030203 Dalla “società dei rentiers” alla “società dei dirigenti”
413030204 I diversi mondi del decile superiore
416030205 I limiti delle dichiarazioni dei redditi
420030206 Il caos del periodo tra le due guerre
424030207 Le criticità legate alle fasce temporali
429030208 La crescita delle disuguaglianze francesi dagli anni ottanta-novanta del Novecento
430030209 Un caso più complesso: la trasformazione delle disuguaglianze negli Stati Uniti
434030210 L’esplosione delle disuguaglianze americane dopo gli anni settanta-ottanta
439030211 È stato l’aumento delle disuguaglianze a provocare la crisi finanziaria?
441030212 L’aumento dei supersalari
444030213 La coabitazione con il centile superiore
4560303 9. La disuguaglianza dei redditi da lavoro
456030301 La disuguaglianza dei redditi da lavoro: una gara tra competenza e tecnologia?
461030302 I limiti del modello teorico: il ruolo delle istituzioni
470030303 Come spiegare l’esplosione delle disuguaglianze americane?
472030304 L’irresistibile ascesa dei superdirigenti: un fenomeno anglosassone
481030305 L’Europa di inizio Novecento: una disuguaglianza superiore a quella del Nuovo Mondo
486030306 Le disuguaglianze nei paesi emergenti: inferiori a quelle degli Stati Uniti
492030307 L’illusione della produttività marginale
497030308 Il decollo dei superdirigenti: un potente fattore di divergenza
5090304 10. La disuguaglianza della proprietà da capitale
509030401 L’iperconcentrazione patrimoniale: Europa e America
510030402 La Francia: un osservatorio dei patrimoni
513030403 Le metamorfosi di una società patrimoniale
518030404 La disuguaglianza da capitale nell’Europa della belle époque
521030405 L’affermazione della classe media patrimoniale
523030406 La disuguaglianza da capitale in America
527030407 Il meccanismo della divergenza patrimoniale: r contro g nella storia
530030408 Perché il rendimento da capitale è superiore al tasso di crescita?
537030409 La questione della “preferenza per il presente”
542030410 Esiste una distribuzione d’equilibrio?
543030411 Entails e sostituzioni ereditarie
546030412 Il codice civile e l’illusione della Rivoluzione francese
550030413 Pareto e l’illusione della stabilità delle disuguaglianze
553030414 Perché la disuguaglianza patrimoniale del passato non si è ricostituita?
557030415 Elementi di spiegazione: il tempo, l’imposta e la crescita
562030416 Il XXI secolo sarà ancora meno ugualitario del XIX?
5730305 11. Merito ed eredità sul lungo periodo
576030501 La traiettoria del flusso successorio sul lungo periodo
579030502 Flusso fiscale e flusso economico
582030503 Le tre forze: l’illusione della fine dell’eredità
586030504 La mortalità sul lungo periodo
589030505 La ricchezza invecchia con la popolazione: l’effetto μ × m
593030506 Ricchezza dei morti, ricchezza dei vivi
597030507 Cinquantenni e ottantenni: età e patrimonio nella belle époque
600030508 Il ringiovanimento dei patrimoni determinato dalle guerre
603030509 Come evolverà il flusso successorio nel XXI secolo?
608030510 Dal flusso successorio annuo allo stock di patrimonio ereditario
612030511 Ritorno al discorso di Vautrin
615030512 Il dilemma di Rastignac
62030513 Aritmetica elementare dei rentiers e dei lavoratori di alto livello
621030514 La società patrimoniale classica: il mondo di Balzac e di Jane Austen
627030515 La disuguaglianza patrimoniale estrema: una condizione della civiltà in una società povera?
629030516 L’estremismo meritocratico nelle società ricche
631030517 La società dei piccoli rentiers
637030518 Il rentier, nemico della democrazia
641030519 Il ritorno dell’eredità: un fenomeno prima europeo e poi mondiale?
6610306 12. La disuguaglianza mondiale dei patrimoni nel XXI secolo
661030601 La disuguaglianza dei rendimenti da capitale
664030602 La dinamica delle classifiche mondiali delle ricchezze
670030603 Le classifiche di miliardari nei “rapporti mondiali sulla ricchezza”
675030604 Ereditieri e imprenditori nelle classifiche dei patrimon
680030605 La gerarchia morale dei patrimoni
686030606 Il rendimento puro delle dotazioni universitarie
690030607 Capitale ed economie di scala
694030608 Qual è l’effetto dell’inflazione sulla disuguaglianza dei rendimenti da capitale?
700030609 Il rendimento dei fondi sovrani: capitale e politica
703030610 I fondi petroliferi conquisteranno il mondo?
706030611 La Cina conquisterà il mondo?
709030612 Divergenza internazionale, divergenza oligarchica
712030613 I paesi ricchi sono davvero così poveri?
72704 PARTE QUARTA RECOLARE IL CAPITALE NEL XXI SECOLO
7270401 13. Uno stato sociale per il XXI secolo
728040101 La crisi del 2008 e il problema del ritorno dello Stato
733040102 Lo sviluppo di uno Stato sociale nel XX secolo
740040103 La redistribuzione moderna: una logica di diritti
742040104 Modernizzare lo Stato sociale, e non smantellarlo
746040105 Le istituzioni scolastiche promuovono la mobilità sociale?
749040106 Meritocrazia e oligarchia all’università
751040107 Il futuro delle pensioni: ripartizione e crescita debole
757040108 La questione dello Stato sociale nei paesi poveri ed emergenti
7730402 14. Ripensare l’imposta progressiva sul reddito
773040201 La redistribuzione moderna: il problema della progressività fiscale
776040202 L’imposta progressiva: un ruolo localizzato ma essenziale
780040203 L’imposta progressiva nel XX secolo: l’effimero prodotto del caos
786040204 La questione dell’imposta progressiva nella Terza Repubblica
791040205 L’imposta confiscatoria sui redditi eccessivi: un’invenzione americana
796040206 Bertrand Russell,
799040207 Identità nazionali e performance economica
802040208 Ripensare la questione del tasso marginale superiore
801040209 nessuna formula matematica o stima econometrica ci fa conoscere con esattezza quale tasso si debba applicare e da quale livello di reddito si debba partire per applicare tali tassi.
8200403 15. Un’imposta mondiale sul capitale
820040301 L’imposta mondiale su capitale: un’utopia utile
824040302 Un obiettivo di trasparenza democratica e finanziaria
830040303 Una soluzione semplice: le comunicazioni automatiche delle informazioni bancarie
834040304 A che cosa serve l’imposta sul capitale?
838040305 Logica contributiva, logica incentivante
839040306 Progetto di un’imposta europea sulla ricchezza
844040307 L’imposta sul capitale nella storia
850040308 Le regolazioni di sostituzione: protezionismo e controllo dei capitali
852040309 Il mistero della regolamentazione cinese del capitale
856040310 La redistribuzione attraverso l’immigrazione
8710404 16. La questione del debito pubblico
872040401 Ridurre il debito pubblico: imposta sul capitale, inflazione o austerità
877040402 L’inflazione favorisce la redistribuzione delle ricchezze?
882040403 Che cosa fanno le banche centrali?
886040404 Creazione di liquidità e capitale nazionale
891040405 La crisi cipriota: quando l’imposta sul capitale fa le funzioni della regolamentazione bancaria
895040406 L’euro: una moneta senza Stato per il XXI secolo?
899040407 Il problema dell’unificazione europea
905040408 Potere pubblico e accumulazione del capitale nel XXI secolo
910040409 Legislazione e politica
913040410 Riscaldamento climatico e capitale pubblico
915040411 Trasparenza economica e controllo democratico del capitale
9340405 Conclusioni
935040501 La contraddizione di fondo del capitalismo: r > g
938040502 Per un’economia politica e storica
940040503 Ciò che conviene ai più poveri
9440406 Fine
9440407 ### enitfi
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Muistiinpanot Highlights Примечание (Code: h)

1 (6)
il capitalismo produce automaticamente disuguaglianze insostenibili, arbitrarie, che rimettono in questione dalle fondamenta i valori meritocratici sui quali si reggono le nostre società democratiche.
2 (8)
L’analisi intellettuale, infatti, non potrà mai porre fine ai violenti conflitti politici suscitati dalle disuguaglianze. La ricerca condotta dalle scienze sociali, non avendo la pretesa di trasformare l’economia, la sociologia e la storia in scienze esatte, è e resterà sempre imperfetta.
3 (13)
prezzi dei terreni agricoli con quello degli immobili urbani nelle grandi capitali, o con il prezzo del petrolio. In entrambi i casi, se si estende al periodo 2010-50 o 2010-2100 la tendenza osservata dal 1970 agli anni dieci del XXI secolo, si arrivano a ipotizzare squilibri economici, sociali e politici di vasta portata, sia tra un paese e l’altro, sia all’interno dello stesso paese, squilibri che potrebbero davvero far pensare all’apocalisse ricardiana.
4 (13)
L’importante è capire fin d’ora che il gioco della domanda e dell’offerta non impedisce affatto una tale eventualità, vale a dire uno squilibrio sempre più forte e duraturo nella distribuzione delle ricchezze, legato al flusso estremamente mobile di determinati prezzi relativi a determinati beni.
5 (16)
Come Ricardo, Marx intende incentrare il proprio lavoro sull’analisi delle contraddizioni logiche connaturate al sistema capitalista. Aspira così a distinguersi sia dagli economisti borghesi (che vedono nel mercato un sistema autoregolato, ossia capace di equilibrarsi da solo, senza contraccolpi di rilievo, a somiglianza della “mano invisibile” di Smith e della “legge degli sbocchi” di Say),
6 (19)
Un’espressione anglosassone riassume fedelmente la filosofia del momento: “Growth is a rising tide that lifts all boats” (La crescita è un’alta marea che solleva in alto tutti i battelli).
7 (30)
La disuguaglianza non è necessariamente cattiva in sé: la questione centrale è sapere se è giustificata, se ha una sua ragion d’essere. centrale è sapere se è giustificata, se ha una sua ragion d’essere.
8 (33)
La prima lezione è che occorre diffidare, in una materia del genere, di ogni determinismo economico: la storia della distribuzione delle ricchezze è sempre una storia profondamente politica, che non si esaurisce nell’individuazione dei meccanismi puramente economici.
9 (35)
il progressivo adeguamento alla razionalità tecnica comporterebbe automaticamente la vittoria del capitale umano sul capitale finanziario e immobiliare, del personale dirigente meritevole sugli azionisti oziosi, della competenza sul nepotismo. In tal senso, le disuguaglianze diventerebbero di per sé più meritocratiche e meno immutabili (se non meno evidenti) nel corso della storia: in qualche modo, la razionalità economica si tradurrebbe meccanicamente, se così fosse, in razionalità democratica.
10 (36)
L’assenza di un investimento adeguato nella formazione può impedire a interi gruppi sociali di accedere ai benefici della crescita, o può determinarne la discesa nella scala sociale rispetto a nuovi soggetti entranti, com’è dimostrato dal riequilibrio mondiale attualmente in corso (gli operai cinesi prendono il posto degli operai americani e francesi, e così via).
11 (40)
Questa disuguaglianza fondamentale, che esprimeremo con la formula r > g – dove r indica il tasso annuo di rendimento da capitale (vale a dire quanto rende in media il capitale nel corso di un anno, sotto forma di profitti, dividendi, interessi, affitti e altri redditi da capitale in percentuale del suo valore) e g indica il tasso di crescita (vale a dire la crescita annua del reddito e del prodotto) – ricoprirà nel libro un ruolo essenziale. Anzi, in qualche modo, ne riassumerà la logica d’insieme.
12 (42)
la disuguaglianza di fondo r > g, massimo fattore di divergenza nel nostro schema esplicativo, non ha niente a che vedere con una qualunque imperfezione di mercato.
13 (44)
che al momento della Dichiarazione d’indipendenza contavano appena 3 milioni di abitanti, nel primo decennio del Novecento raggiungono i 100 milioni e oggi superano i 300 milioni.
14 (47)
l’uguaglianza dei diritti nel mercato non è sufficiente per garantire uguaglianza dei diritti tout court.
15 (48)
Ho subito realizzato che, dai tempi di Kuznets, non era stato portato avanti nessun serio lavoro di organizzazione dei dati storici circa la dinamica delle disuguaglianze (compito al quale mi sono dedicato dopo il mio ritorno in Francia) e che la professione continuava a produrre risultati meramente teorici, senza nemmeno sapere quali fatti spiegare, aspettandosi che io facessi lo stesso.
16 (49)
specialisti e i cultori di tutte le scienze sociali trovassero qualche motivo d’interesse per le ricerche esposte in questo libro, a cominciare da tutti coloro che dicono di “non sapere niente di economia” ma che coltivano spesso opinioni molto ferme sulla disuguaglianza dei redditi e della ricchezza, fatto peraltro molto naturale.
17 (53)
Resta nondimeno il fatto che le lezioni della storia sono utili per cercare di capire un po’ più chiaramente quali saranno le scelte e le dinamiche operanti nel secolo che si è aperto da poco. È questo l’unico obiettivo, l’obiettivo di fondo, del libro.
18 (77)
Per esempio, se il valore totale del capitale di un paese equivale a sei anni di reddito nazionale, avremo allora la formula β = 6 (o β = 600%).
19 (77)
Il fatto che il reddito nazionale, oggi, nei paesi ricchi, si aggiri intorno ai 30.000 euro pro capite all’anno (2500 euro al mese) non significa evidentemente che ciascun abitante disponga di tale somma. Come tutte le medie, il reddito medio maschera enormi disparità: di fatto, molti hanno un reddito nettamente inferiore ai 2500 euro al mese, e altri hanno redditi che superano i 2500 euro molte decine di volte. Le disparità di reddito provengono da un lato dalla disuguaglianza dei redditi da lavoro, dall’altra dalla disuguaglianza ancor più forte dei redditi da capitale, la quale deriva a sua volta dall’estrema concentrazione dei patrimoni
20 (79)
La formula α = r × β è una pura uguaglianza contabile. Viene applicata in tutte le società e in tutte le epoche, per definizione. Per quanto sia tautologica, essa deve comunque essere considerata la prima legge fondamentale del capitalismo, in quanto consente di collegare in modo semplice e trasparente i tre concetti più importanti per l’analisi del sistema capitalista: il rapporto capitale/reddito, la quota di capitale nel reddito e il tasso di rendimento del capitale.
21 (81)
In concreto, il reddito nazionale di circa 30.000 euro pro capite attualmente in vigore nei paesi ricchi si scompone approssimativamente in 21.000 euro di reddito da lavoro (70%) e 9000 euro di reddito da capitale (30%). Ogni abitante possiede un patrimonio medio di 180.000 euro, per cui il reddito da capitale di 9000 euro pro capite annuo che l’abitante riceve corrisponde a un rendimento medio del 5% annuo.
22 (81)
Per il momento, gli ordini di grandezza enunciati in precedenza (β = 600%, α = 30%, r = 5%) possono considerarsi dei validi punti di partenza.
23 (88)
Tutti capiscono che è ormai impossibile analizzare il capitalismo patrimoniale di questo inizio di XXI secolo con gli strumenti degli anni cinquanta, sessanta e settanta del Novecento.
24 (89)
I conti nazionali sono l’unico tentativo sistematico e coerente di analisi dell’attività economica di un paese. E devono essere considerati uno strumento di analisi, limitato e imperfetto, un modo di comporre e ordinare dati tra loro molto disomogenei.
25 (92)
A livello mondiale, la popolazione è, nel 2012, vicina ai 7 miliardi, e il PIL supera leggermente i 70.000 miliardi di euro – da qui un PIL pro capite quasi esattamente pari a 10.000 euro. equivalente a un reddito mensile medio di 760 euro pro capite
26 (93)
blocco Russia/Ucraina, il cui PIL pro capite è di circa 15.000 euro, appena il 50% al di sopra della media mondiale.22 La stessa Unione Europea è relativamente eterogenea, comprendendo da un lato 410 milioni di abitanti dell’ex Europa occidentale (di cui tre quarti nei cinque paesi più popolati: Germania, Francia, Regno Unito, Italia e Spagna), con un PIL medio pro capite che si aggira intorno ai 31.000 euro, e dall’altra 130 milioni di abitanti dell’ex Europa dell’Est, con un PIL medio di circa 16.000 euro, poco lontano da quello del blocco Russia/Ucraina.23
27 (95)
Nel 2012, 1 euro valeva in media sul mercato dei cambi 1,3 dollari.
28 (104)
Il paese si trova così preso nella morsa di un’interminabile alternanza di governi rivoluzionari (dall’efficacia spesso ridotta per quanto riguarda il miglioramento effettivo delle condizioni di vita della popolazione) e di governi che proteggono i proprietari in campo e aprono così la strada a nuove rivoluzioni o colpi di Stato successivi.
29 (104)
l’autarchia non è mai stata fonte di prosperità. I paesi asiatici hanno con tutta evidenza beneficiato dell’apertura ai capitali mondiali per colmare parte del loro ritardo.
30 (104)
Riassumendo, l’esperienza storica suggerisce che il principale meccanismo di convergenza tra paese e paese è la diffusione delle conoscenze, a livello internazionale e a livello nazionale. In altri termini, i più poveri recuperano sui più ricchi nella misura in cui attingono il medesimo livello di sapere tecnologico, di qualificazioni, di cultura, evitando di diventare proprietà dei paesi più ricchi.
31 (105)
che permettano di investire in misura massiccia nella formazione delle persone, sempre garantendo un quadro legale condivisibile per i diversi attori. Ciò è dunque intimamente legato al processo di costruzione di un potere pubblico legittimo ed efficiente. È questa, in rapida sintesi, la lezione di fondo che scaturisce dall’esame dell’evoluzione storica della crescita mondiale e delle disuguaglianze tra paese e paese.
32 (107)
La formula α = r × β si legge “α uguale r moltiplicato per β”. Per cui, “β = 600%” equivale a “β = 6”, così come “α = 30%” equivale a “α = 0,30”, e “r = 5%” equivale a “r = 0,05”.
33 (141)
tra il 1700 e il 2012 (da 70 euro mensili a 760) e per venti (e oltre) nei paesi più ricchi (da 100 euro mensili a 2500). Se però teniamo conto delle difficoltà legate al calcolo di trasformazioni tanto radicali, soprattutto se cerchiamo di sintetizzarle in un indicatore unico, dobbiamo ribadire che cifre del genere non vanno in alcun modo sopravvalutate, anzi, vanno considerate dei semplici valori di grandezza.
34 (144)
Attualmente, però, le nostre vite hanno subito una trasformazione profonda: nei primi anni ottanta non esistevano né Internet né il telefono cellulare, i trasporti aerei erano inaccessibili alla maggioranza della popolazione, la maggior parte delle tecnologie mediche di punta oggi disponibili non esisteva e la possibilità di continuare a studiare fino all’università riguardava soltanto una minima parte della popolazione. Nel campo delle comunicazioni, dei trasporti, della sanità e della scuola i cambiamenti sono stati profondi.
35 (144)
trent’anni fa non esistevano, in una misura che va da un quarto a un terzo, mestieri e attività oggi assai produttive.
36 (150)
confermata sugli stessi livelli tra il 1900 e il 2012 – grazie al recupero dell’Asia, in particolare della Cina, la cui crescita tra il 1990 e il 2012 ha superato, secondo le statistiche ufficiali, il 9% annuo (un livello mai toccato da nessun paese nella storia).
37 (153)
In realtà, il problema dell’inflazione svolge un ruolo cruciale nella nostra ricerca. Abbiamo già notato che la nozione stessa di indice “medio” dei prezzi pone un problema, poiché la crescita si qualifica sempre con la comparsa di nuovi beni e servizi, e con enormi fluttuazioni dei prezzi relativi, per cui è molto difficile sintetizzare il tutto in un unico dato numerico.
38 (162)
In Neve, Pamuk fa dire al suo protagonista, scrittore come lui, che non c’è davvero niente di più noioso per un narratore che parlare di denaro e dei prezzi o dei redditi in vigore l’anno scorso. Dopo il XIX secolo, il mondo è decisamente cambiato.
39 (170)
Il processo d’intermediazione finanziaria (si colloca denaro in una banca, la quale poi lo investe altrove) è diventato in effetti talmente complesso che spesso si dimentica chi possiede che cosa.
40 (179)
i due paesi ricevono dal resto del mondo superano di cinque punti il reddito nazionale. La loro bilancia dei pagamenti è in fortissimo attivo, tale da consentire loro di accrescere la posizione patrimoniale estera anno dopo anno.
41 (194)
Nel XX secolo si è sviluppata una visione totalmente diversa del debito pubblico, fondata sulla convinzione che l’indebitamento potesse diventare al contrario uno strumento al servizio di una politica della spesa pubblica e di redistribuzione sociale a favore dei ceti più modesti.
42 (194)
mentre l’inflazione, da tempo ridiscesa a livelli non lontani da quelli del XIX secolo, ha praticamente cessato di produrre i suoi effetti redistributivi.
43 (195)
Questo meccanismo di redistribuzione tramite l’inflazione è estremamente efficace, e nel corso del XX secolo ha svolto un ruolo storico essenziale in entrambi i paesi.
44 (223)
“In America la terra costa poco, e tutti possono diventare proprietari”.10 È l’ideale jeffersoniano di una società di piccoli proprietari terrieri, liberi e uguali.
45 (231)
Thomas Jefferson non possiede solo terreni. Possiede anche più di 600 schiavi, ereditati soprattutto dal padre e dal nonno, e ha sempre mantenuto un atteggiamento politico piuttosto ambiguo sul problema della schiavitù.
46 (231)
1770 (circa 400.000 schiavi), e il censimento del 1800 (1 milione di schiavi), poi di nuovo per quattro volte tra il 1800 e il censimento del 1860 (oltre 4 milioni di schiavi),
47 (232)
Verso il 1800, gli schiavi rappresentano quasi il 20% della popolazione americana: circa 1 milione di schiavi su un totale di 5 milioni di abitanti.
48 (235)
Sud, un mondo in cui le disuguaglianze in merito alla proprietà assumono invece forme estreme ed estremamente violente – perché una metà della popolazione possiede l’altra metà, e il capitale di schiavi ha in larga misura rimpiazzato e superato il capitale terriero.
49 (249)
motivi – per esempio per accrescere i propri consumi futuri (o per evitare che diminuiscano, soprattutto quando si va in pensione), o per preservare o per costituire un patrimonio per la generazione che segue, o anche per acquisire il potere, la sicurezza e il prestigio che conferisce spesso il patrimonio.
50 (250)
otto paesi più ricchi del pianeta – in ordine decrescente di PIL: Stati Uniti, Giappone, Germania, Francia, Regno Unito, Italia, Canada, Australia.
51 (254)
Ma se si fa la media su periodi molto più lunghi, la verità è che tutti i paesi ricchi crescono più o meno al medesimo ritmo.
52 (254)
particolare a proposito degli indici di prezzo), constatiamo disparità talmente ridotte da risultare statisticamente insignificanti.
53 (296)
Il rapporto capitale/reddito a lungo termine dipende in particolare dal tasso di risparmio s e dal tasso di crescita g. Questi due parametri macrosociali dipendono a loro volta da milioni di decisioni individuali, influenzate da molteplici considerazioni sociali, economiche, culturali, psicologiche, demografiche, e possono variare notevolmente nel tempo e tra paese e paese.
54 (296)
La formula α = r × β, che nel capitolo 1 abbiamo definito “prima legge fondamentale del capitalismo”,
55 (307)
Come si determina il rendimento puro del capitale (vale a dire quanto rende annualmente il capitale una volta dedotte le spese di gestione e il tempo passato ad amministrare il proprio portafoglio, sotto tutti i possibili aspetti), e perché sarebbe leggermente diminuito sul lungo periodo, passando più o meno dal 4-5% dell’epoca di Balzac e Austen a circa il 3-4% di oggi? - 1950 alussa kiinitin huomiota 4% talletuskorkoon pitäen sitä luonnollisena pääoman tuottona ilman sen kummempaa taloudellista koulutusta.
56 (313)
Anche se sappiamo benissimo che i patrimoni più consistenti sono spesso i meglio indicizzati e i più diversificati a lungo termine, e che invece i patrimoni modesti – come i conti bancari e i libretti di risparmio – sono quelli più duramente colpiti.
57 (314)
Secondo i modelli economici più semplici, ipotizzando una concorrenza “pura e perfetta” sul mercato del capitale e sul mercato del lavoro, il tasso di rendimento del capitale dovrebbe equivalere esattamente alla “produttività marginale” del capitale (vale a dire il contributo addizionale di un’unità di capitale supplementare alla produttività considerata).
58 (315)
In ogni caso, il tasso di rendimento del capitale è determinato, in particolare, da due forze: la tecnologia (a che cosa serve il capitale?) e l’abbondanza dello stock di capitale (troppo capitale uccide il capitale).
59 (315)
rapporto capitale/reddito β sarebbe sì molto elevato ma in cui il rendimento di capitale r sia rigorosamente nullo. Nel caso, la quota di capitale nel reddito nazionale α = r × β sarebbe anch’essa rigorosamente nulla. In una società del genere, il totale del reddito nazionale e della produzione si tradurrebbero interamente in lavoro.
60 (318)
per esempio in Unione Sovietica – di sopprimere ogni tipo di rendimento privato del capitale.
61 (318)
Sapere se è legittimo e utile per una società che i detentori di capitale ricevano una tale produttività marginale quale remunerazione del loro titolo di proprietà (e del loro risparmio passato, o di quello dei loro antenati) senza che vi abbiano apportato alcun nuovo lavoro, è ovviamente una questione centrale, sulla quale avremo occasione di tornare.
62 (322)
Nel caso di un’elasticità esattamente pari a uno, i due effetti si compensano perfettamente: il rendimento del capitale r scende nelle stesse proporzioni del rapporto capitale/reddito β, per cui il prodotto α = r × β resta immutato.
63 (322)
insomma – le quantità di capitale e di lavoro disponibili, la quota di capitale resta sempre pari a un coefficiente fisso α, il quale può essere perciò considerato un parametro puramente tecnologico.
64 (323)
soprattutto perché la stabilità della divisione capitale-lavoro dà una visione relativamente tranquilla e armonica
65 (325)
Viceversa, gli economisti marxisti vogliono dimostrare in tutti i modi che la quota di capitale tende a crescere progressivamente e sempre, mentre i salari restano fermi, anche a costo talvolta di distorcere i dati disponibili.
66 (325)
lo stesso Keynes si schiera nettamente a favore degli economisti borghesi, definendo la stabilità della divisione capitale-lavoro “la costante meglio determinata dell’intera scienza economica”.
67 (331)
Al punto in cui siamo arrivati nella nostra ricerca, è forse questa la lezione più importante: la tecnologia moderna impiega sempre molto capitale, o, meglio, l’impiego differenziato del capitale fa sì che si possa accumulare un capitale enorme senza che il suo rendimento cali in modo sostanziale.
68 (331)
L’eventuale calo a lungo termine dalla quota di capitale, dal 35-40% al 25-30%,
69 (331)
Anche se ne sappiamo già abbastanza per mettere in guardia il lettore contro i facili ottimismi: il capitale non è scomparso, per il semplice fatto che è sempre vantaggioso – solo un po’ meno che all’epoca di Balzac e Austen –, ed è possibile che torni a esserlo ancora di più in futuro.
70 (337)
Questo tipo di rapporto capitale/reddito ha in effetti qualcosa di terrificante: basta che il tasso di rendimento del capitale sia del 5% perché la quota dei profitti superi la metà della produzione. È naturale che Marx – e con lui molti altri osservatori dell’epoca – si sia chiesto fino a che punto ciò potesse reggere (tanto più che i salari erano fermi dall’inizio del XIX secolo),
71 (340)
secondo il modello poi in uso β = s/g: a lungo termine, il rapporto capitale/reddito si rimodula sul tasso di risparmio e sul tasso di crescita strutturale dell’economia, e non viceversa.
72 (341)
Solo a partire dagli anni settanta e ottanta s’impone definitivamente il modello di crescita di Solow, il cosiddetto modello “neoclassico”.
73 (342)
Gli economisti americani, alcuni dei quali erano nati in Europa (come Modigliani), tendevano tuttavia a esagerare la portata della loro scoperta a proposito del “sentiero di crescita equilibrata”.
74 (345)
Riassumendo. La crescita moderna, fondata sulla crescita della produttività e sulla diffusione delle conoscenze, ha consentito di evitare l’apocalisse descritta da Marx e di equilibrare il processo di accumulazione del capitale. Ma non ha modificato le strutture profonde del capitale stesso – o quantomeno non ne ha realmente ridotto l’importanza macroeconomica in rapporto al lavoro. È ora nostro compito studiare se si può dire lo stesso per la disuguaglianza della distribuzione dei redditi e dei patrimoni: in quale misura le strutture delle disuguaglianze, rispetto al lavoro e al capitale, si sono davvero trasformate dopo il XIX secolo?
75 (348)
Cobb-Douglas con la seguente formula matematica: Y = F(K,L) = KαL1-α dove Y è la produzione, K il capitale e L il lavoro. Esistono altre forme matematiche che consentono di illustrare il caso in cui l’elasticità di sostituzione è superiore o inferiore a uno. Il caso dell’elasticità infinita corrisponde a una funzione di produzione lineare: il prodotto è dato da Y = F(K,L) = rK + vL. In altri termini, il rendimento da capitale r non dipende in alcun modo dalle quantità di capitale e lavoro in gioco, come del resto il rendimento da lavoro v, il quale non è altro che un tasso dei salari, fisso nei casi rappresentati.
76 (352)
Senza contare che certi economisti americani (a cominciare da Modigliani) avanzavano l’idea che il capitale avesse totalmente cambiato natura (derivando ormai dall’accumularsi durante il ciclo di vita), mentre i britannici (a cominciare da Kaldor) continuavano a osservare il patrimonio attraverso il prisma delle successioni, il che era molto meno rassicurante. Torneremo su questo problema cruciale nella Parte terza del volume.
77 (353)
mentre si tratta in realtà e in larga misura di una replica del passato, tipica di un mondo caratterizzato da una crescita lenta, esattamente come il mondo del XIX secolo.
78 (353)
sono ricresciute con forza dopo gli anni settanta-ottanta del Novecento, anche se con sensibili variazioni tra paese e paese, il che conferma ancora una volta il ruolo cruciale svolto dalle diverse istituzioni e dalle diverse politiche.
79 (353)
tre componenti: la disuguaglianza dei redditi da lavoro; la disuguaglianza della proprietà da capitale e dei redditi che ne derivano; il nesso tra le prime due componenti.
80 (354)
Pubblicato nel 1835, Papà Goriot è uno dei romanzi più celebri di Balzac. Si tratta sicuramente dell’espressione letteraria più riuscita della struttura delle disuguaglianze nella società del XIX secolo, e del ruolo centrale svolto dall’eredità e dal patrimonio.
81 (358)
È una realtà talmente evidente, talmente tangibile per tutti, che Balzac non ha alcun bisogno di convincerci con statistiche rappresentative, decili o centili definiti con la massima cura possibile.
82 (365)
(per esempio è più facile risparmiare quando si è ereditato un appartamento di quando si ha un affitto da pagare).
83 (413)
Si tratta in genere di salari due o tre volte più alti del salario medio della società considerata, dell’ordine di 4000 o 6000 euro al mese rispetto a un salario medio di 2000 euro al mese.
84 (434)
se le due guerre non causano in America distruzioni fisiche, causano tuttavia gravi dissesti legati alla Grande depressione e ai pesanti interventi fiscali decisi dal governo federale negli anni trenta-quaranta. In ogni caso, se consideriamo il periodo 1910-50 nel suo insieme, rileviamo che la compressione delle disuguaglianze è, negli Stati Uniti, molto meno forte che in Francia (e più in generale in Europa).
85 (439)
toccato due apici assoluti nell’ultimo secolo, uno nel 1928 (alla vigilia della crisi del 1929) e uno nel 2007 (alla vigilia della crisi del 2008), è più che lecito porsi una domanda del genere.
86 (456)
siamo passati da una società di rentiers a una società di dirigenti – oppure, in termini meno ottimistici, da una società di super-rentiers a una società di rentiers un po’ meno estrema.
87 (458)
Per evitare che le disuguaglianze aumentino, il sistema educativo deve fornire formazioni e qualifiche con sufficiente rapidità.
88 (459)
In altri termini, la democratizzazione del sistema scolastico non ha ridotto le disuguaglianze delle competenze e non ha quindi contribuito a ridurre le disuguaglianze dei salari.
89 (459)
disuguaglianze salariali si spiega con il fatto che gli Stati Uniti non hanno investito abbastanza nell’insegnamento superiore o, più esattamente,
90 (460)
è senza dubbio quello di investire nella formazione.
91 (463)
All’inizio del 2013 il salario minimo è di 9,43 euro l’ora.
92 (465)
livello intermedio tra gli Stati Uniti e la Francia: attualmente è di 6,19 sterline l’ora (circa 8,05 euro8). paesi come la Germania e la Svezia hanno deciso di non fissare un salario minimo a livello nazionale, e di lasciare ai sindacati il compito di contrattare con i lavoratori il salario minimo – più spesso, le griglie salariali nel loro complesso – a livello di ciascun settore di attività. In pratica, nei due paesi, il minimo è attualmente superiore a 10 euro l’ora in numerosi settori (dunque più alto rispetto ai paesi dotati
93 (491)
Nel caso della Cina, le statistiche fissate dall’amministrazione fiscale sono ancora più rudimentali di quelle dell’India, e testimoniano una mancanza assoluta di trasparenza da parte delle autorità cinesi in materia di redditi. Allo stato attuale delle cose, le stime indicate nel grafico 9.9 sono le più affidabili che ci sia consentito acquisire in base alle fonti disponibili.
94 (499)
10 milioni o magari anche 50 milioni siano perfettamente giustificabili (l’incertezza sulle produttività individuali è tale che non esiste alcun freno evidente). Per cui non è impensabile che in futuro la quota del centile superiore nella massa salariale totale possa toccare, negli Stati Uniti, il 15-20%, o il 25-30%, o anche più.
95 (531)
fatto importante è che il tasso di rendimento da capitale è sempre stato almeno dieci o venti volte superiore al tasso di crescita del prodotto e del reddito.
96 (573)
Ora sappiamo che l’importanza globale del capitale non è, in questo inizio di XXI secolo, tanto differente da quella del XVIII. È mutata solo la forma: allora il capitale era terriero, oggi è divenuto immobiliare, industriale e finanziario.
97 (573)
10% più ricco ne possiede due terzi, mentre prima ne possedeva nove decimi.
98 (593)
È il famoso “triangolo di Modigliani”, insegnato a tutti gli studenti di economia, secondo cui il patrimonio cresce innanzitutto con l’età, nella misura in cui ciascuno accumula riserve in vista della vita attiva. Il rapporto μ dovrebbe dunque essere sistematicamente pari allo 0% o quantomeno molto basso, in tutti i casi nettamente inferiore al 100%.
99 (600)
Le guerre portano infatti, per così dire, a un notevole ringiovanimento dei patrimoni.
100 (600)
1912, alla vigilia della prima guerra mondiale, gli ottantenni sono due volte e mezza più ricchi dei cinquantenni. Nel 1931, sono più ricchi solo del 40%. E nel 1947 i cinquantenni sono diventati più ricchi degli ottantenni: in una società in cui i patrimoni nel loro complesso sono scesi a un livello bassissimo, sono ora i cinquantenni a essere più ricchi degli ottantenni del 50%.
101 (615)
La ripresa ha inizio con le generazioni nate tra gli anni trenta e gli anni cinquanta, che ereditano perlopiù negli anni settanta-novanta, ed ereditano il 12-14% del totale delle risorse.
102 (615)
mentre chi è nato nell’ultimo terzo del XX secolo può godersi i frutti dell’eredità quasi quanto le generazioni del XIX secolo e del XXI secolo.
103 (616)
Questo tenore di vita, che possiamo definire “popolare”, corrisponde in genere a circa la metà del reddito nazionale medio dell’epoca in questione, e fornisce un punto di riferimento utile per valutare la disuguaglianza di una società.
104 (621)
Francia di oggi, i centili superiori dell’eredità e del lavoro finiscano più o meno per equilibrarsi: la concentrazione patrimoniale è tre volte più alta di quella salariale (poco più del 20% del patrimonio totale per il centile superiore dei patrimoni, contro il 6-7% della massa salariale totale per il centile)
105 (632)
Oggi, in ogni caso, nessuno costruirebbe un romanzo su un patrimonio di 30 milioni di euro, come facevano Balzac, Jane Austen o Henry James. Dopo che l’inflazione ha eroso tutti i vecchi parametri, dalla letteratura non sono solo scomparsi i riferimenti espliciti alle masse di
106 (633)
queste serie un inno alla sacrosanta disuguaglianza, basata sul merito, sul titolo di studio e sull’utilità pubblica delle élite.
107 (635)
siamo passati da una società con un piccolo numero di grossi rentiers a una società con un numero molto più elevato di rentiers meno danarosi: una società di piccoli rentiers, per così dire.
108 (637)
Le nostre società democratiche si reggono infatti su una visione meritocratica del mondo, o quantomeno sull’idea di una società in cui le disuguaglianze sarebbero determinate dal merito e dal lavoro più che dalla discendenza e dalla rendita.
109 (637)
per uscire da questa contraddizione è indispensabile far sì che le disuguaglianze sociali scaturiscano da principi razionali e universali, e non da contingenze arbitrarie. Le disuguaglianze devono insomma apparire giuste e utili a tutti (“Le distinzioni sociali non possono essere fondate che sull’utilità comune,” annuncia l’art. 1 della Dichiarazione del 1789),
110 (639)
La rendita non è un’imperfezione del mercato: è, al contrario, la conseguenza di un mercato del capitale “puro e perfetto”,
111 (640)
Si pensa a volte che la logica dello sviluppo economico dovrebbe essere quella di rendere meno decisiva la distinzione tra lavoro e capitale.
112 (640)
Riassumendo: la forza di divergenza di fondo sulla quale poniamo l’accento nel nostro libro – sintetizzabile nella disuguaglianza r > g – non ha nulla a che vedere con un’imperfezione dei mercati, e non si potrà certo correggere con mercati più liberi e concorrenziali.
113 (645)
l’una difesa da Modigliani (ardente fautore della teoria del ciclo vitale e dell’idea secondo cui i patrimoni ereditati equivalevano ad appena il 20-30% del totale dei patrimoni americani), e l’altra difesa da Kotlikoff e Summers (più inclini a credere, sulla base dei dati disponibili, che la quota dei patrimoni ereditati raggiungesse il 70-80% del patrimonio totale).
114 (647)
Il ritorno dell’eredità a livello mondiale costituisce forse – anzi, di sicuro – una prospettiva importante per la seconda metà del XXI secolo. Ma, per i prossimi decenni, si tratterà soprattutto di una realtà europea, e solo in minor misura statunitense.
115 (676)
Pensiamo al racconto dell’irresistibile ascesa patrimoniale dell’ex pastaio: “Il cittadino Goriot ammassò i capitali che più tardi gli servirono per dedicarsi ai suoi commerci con tutta la superiorità che deriva dal possedere molto denaro.”
116 (681)
Ecco la ragione di fondo per cui si rende necessaria l’introduzione di un’imposta progressiva annua sulle maggiori ricchezze mondiali: l’unico modo che consentirebbe un controllo democratico di un processo potenzialmente esplosivo, e che al tempo stesso salvaguarderebbe il dinamismo imprenditoriale e l’apertura economica internazionale. L’idea, e i suoi limiti, saranno studiati nella Parte quarta del volume.
117 (683)
Anziché lasciarsi andare a valutazioni sulla gerarchia morale della ricchezza, che spesso si riducono, in pratica, a un esercizio di eurocentrismo o di occidentalocentrismo, mi sembra più utile tentare di comprendere le leggi generali che governano in genere le dinamiche patrimoniali, al di là della considerazione delle singole persone, e cercare di prevedere modi di regolazione – soprattutto fiscali – applicabili
118 (693)
Non è necessario, per arrivarci, che il rendimento raggiunga il 10% annuo per tutti i maggiori patrimoni: basterebbe uno scarto ben più ridotto per provocare un trauma importante sulla scala della disuguaglianza.
119 (695)
A volte si pensa, a torto, che l’inflazione riduca il rendimento medio del capitale. Ebbene: è falso.
120 (695)
In tal senso, infatti, l’inflazione è come una tassa sulla ricchezza passiva o, più esattamente, sulla ricchezza non investita.
121 (698)
Riassumiamo. La principale, grave conseguenza dell’inflazione non è quella di ridurre il rendimento medio da capitale, ma di ridistribuirlo in modo disuguale.
122 (698)
avvenga a svantaggio dei piccoli patrimoni e a vantaggio dei grandi,
123 (699)
L’inflazione non pone termine alla rendita: anzi, contribuisce di sicuro a rafforzare la disuguaglianza della distribuzione del capitale.
124 (699)
Torneremo sull’argomento quando ricorderemo il ruolo delle banche centrali e dell’immissione di denaro liquido, soprattutto in situazioni di panico finanziario e di crisi del debito pubblico.
125 (705)
Non c’è alcuna legge economica che possa impedire una simile traiettoria: tutto dipende dalle condizioni della domanda e dell’offerta, dalla scoperta o meno di nuovi giacimenti o nuove fonti di energia e dalla velocità con la quale ci abitueremo a vivere senza petrolio. Nel caso particolare, è quasi inevitabile che i fondi petroliferi continuino a crescere come stanno crescendo oggi e che la loro quota nella composizione delle attività mondiali sia, da qui al 2030-40, almeno due o tre volte più alta di quella di oggi, il che rappresenterebbe già una crescita considerevole.
126 (711)
Nella Parte quarta del volume vedremo in quale misura un’imposta mondiale – o quantomeno europea – sul capitale possa rappresentare uno strumento adatto a superare queste contraddizioni, e quali altre risposte possano dare i governi che dovranno affrontare una tale realtà.
127 (743)
Tuttavia, sul piano opposto, nessuna importante corrente d’opinione sostiene che il processo di estensione illimitata dello Stato sociale debba riprodursi in futuro allo stesso ritmo del periodo 1930-80 (uno slancio che, da qui al 2050 o al 2060, potrebbe portare il tasso di prelievo fiscale al 70-80% del reddito nazionale). In assoluto, nulla impedisce di immaginare una società in cui le imposte equivalgano ai due terzi o ai tre quarti del reddito nazionale, a condizione che il prelievo avvenga in modo trasparente ed efficace e sia accettato da tutti, e che, soprattutto, esso sia impiegato per finanziare bisogni e investimenti giudicati prioritari, per esempio nella formazione, nella sanità, nella cultura, nell’energia pulita e nello sviluppo sostenibile.
128 (746)
Ciò posto, prima di imparare a organizzare con efficacia finanziamenti pubblici equivalenti ai due terzi o ai tre quarti del reddito nazionale, sarebbe cosa giusta migliorare l’organizzazione e il funzionamento di un settore pubblico oggi equivalente alla metà del reddito nazionale (includendovi i redditi per inattività e sociali) – impresa già non indifferente.
129 (747)
Tutti i livelli di specializzazione si sono uniformati verso l’alto (il diploma è diventato laurea, la laurea è diventata dottorato) e, in considerazione delle trasformazioni tecnologiche e dei bisogni, tutti i livelli di salario si sono uniformati allo stesso ritmo di crescita, così che la disuguaglianza è rimasta immutata.
130 (751)
Intendiamoci bene. Non è semplice raggiungere, nell’istruzione superiore, un’uguaglianza effettiva delle opportunità.
131 (760)
Comunque, la questione dello sviluppo di uno Stato fiscale e sociale nel mondo emergente riveste un’importanza capitale per il futuro del pianeta.
132 (800)
(Bill ha inventato il personal computer o solo il mouse? Ronald ha distrutto l’URSS da solo o con l’aiuto del papa?)
133 (802)
I nostri risultati suggeriscono che solo tassi di imposizione fiscale dissuasivi, come quelli applicati negli Stati Uniti o nel Regno Unito fino agli anni settanta del Novecento, aiuterebbero a frenare la corsa e a porre termine all’escalation degli altissimi compensi.
134 (805)
Senza una svolta radicale, pare quanto mai probabile che l’equilibrio attuale si manterrà tale e quale ancora a lungo. L’ideale della società dei pionieri appare davvero lontanissimo. Il Nuovo Mondo sta forse per trasformarsi nella nuova vecchia Europa del pianeta.
135 (812)
Per fare un esempio estremo, l’Unione Sovietica non ha mai avuto bisogno di un’imposta confiscatoria sui redditi o sui patrimoni eccessivi, poiché il suo sistema economico consisteva nel controllare direttamente la distribuzione dei redditi primari e vietare quasi del tutto la proprietà privata (il tutto, è vero, in un modo molto meno rispettoso del diritto). L’Unione Sovietica ha applicato, a volte, un’imposta sul reddito, ma con un profilo molto basso, e tassi superiori molto moderati. Lo stesso vale per la Cina. Torneremo su questo punto nel cap. 15.
136 (824)
Il compito principale dell’imposta sul capitale non è quello di finanziare lo Stato sociale, quanto di regolare il capitalismo.
137 (824)
Da un lato si tratta di evitare la spirale infinita della disuguaglianza e il processo illimitato delle divergenze patrimoniali, dall’altro di consentire una regolamentazione efficace delle crisi finanziarie e bancarie.
138 (825)
In primo luogo, una patrimoniale aiuterebbe a produrre conoscenze e informazioni su patrimoni e ricchezze.
139 (825)
Le amministrazioni nazionali e internazionali, gli istituti di statistica europei, americani e mondiali sarebbero finalmente in grado di fornire informazioni affidabili sulla distribuzione dei patrimoni e sul loro andamento.
140 (826)
In secondo luogo, esiste anche una sfida considerevole per la regolamentazione finanziaria. Attualmente le organizzazioni internazionali che hanno il compito di regolare e sorvegliare il sistema finanziario mondiale, a cominciare dal FMI, hanno una conoscenza solo alquanto approssimativa della distribuzione mondiale degli attivi finanziari, in particolare del valore di questi ultimi detenuti attraverso i paradisi fiscali.
141 (828)
In terzo luogo, l’imposta sul capitale obbliga a precisare e a estendere il contenuto degli accordi internazionali sulle comunicazioni automatiche delle informazioni bancarie.
142 (828)
È assolutamente essenziale – e perfettamente possibile – estendere un tale sistema di dichiarazione precompilata all’insieme degli attivi finanziari (e dei debiti).
143 (830)
Non ci si può arricchire con il libero scambio e l’integrazione economica con i propri vicini, per poi eluderne l’imposizione fiscale in totale impunità. È una cosa che equivale al furto bello e buono.
144 (831)
È solo possibile notare come esista, in questo campo, un abisso tra le dichiarazioni trionfalistiche dei responsabili politici e la realtà effettuale, fatto quanto mai preoccupante per l’equilibrio delle nostre società democratiche.
145 (834)
l’obiettivo della legge FACTA come delle di l’obiettivo della legge FACTA come delle direttive europee non è, al momento, quello di imporre dichiarazioni precompilate e di prelevare un’imposta progressiva sul patrimonio globale. L’obiettivo è prima di tutto arrivare a stabilire una lista degli attivi posseduti da ciascuno: per rispondere alle esigenze interne dell’amministrazione fiscale, in particolare al fine di reperire le coperture alle eventuali carenze nelle dichiarazioni dei redditi.
146 (846)
come una misura di controllo sociale: certe forme di capitale sembrano più inquietanti di altre, perché meno facilmente controllabili.
147 (857)
paese è così passato dai 3 milioni scarsi di abitanti al momento dell’Indipendenza americana agli oltre 300 milioni di oggi, in gran parte frutto dei flussi migratori.
148 (858)
Ma sarebbe ancora più utile attuare quelle collaborazioni fiscali internazionali, e le trasmissioni automatiche delle informazioni bancarie, che aiuterebbero i paesi africani a porre termine in maniera ben più sistematica e metodica al saccheggio di cui sono vittime, e di cui sono responsabili tanto le società e gli azionisti europei (di qualunque nazionalità siano) quanto le élite africane meno scrupolose. Anche in questo caso, la trasparenza finanziaria e l’imposta progressiva e mondiale sul capitale sarebbero la risposta più giusta.
149 (873)
Come abbiamo visto nella Parte seconda del libro, il patrimonio nazionale si avvicina oggi, nella maggioranza dei paesi europei, alle sei annualità di reddito, ed è detenuto quasi totalmente dai privati (cioè dalle famiglie).
150 (873)
non dimentichiamo che i patrimoni sono sempre molto concentrati, con oltre il 60% del totale nelle mani del 10% più ricco) possiedono l’equivalente di tutto quanto c’è da possedere in Europa, compresi ovviamente i debiti pubblici.2
151 (874)
Il problema è che, se la misura viene applicata su vasta scala, per esempio su scala europea e non solo greca (in Grecia il PIL equivale ad appena il 2% del PIL europeo), è molto probabile che si scateni un’ondata di panico bancario e ne consegua una serie di fallimenti a catena.
152 (889)
La rapidità di esecuzione è appunto la principale forza delle autorità monetarie.
153 (900)
Per stabilire il ritmo di alleggerimento del debito comune, in sostanza per colmare il deficit pubblico dell’eurozona, occorre creare un vero parlamento di bilancio dell’eurozona stessa. La soluzione migliore sarebbe quella di comporlo a partire dai deputati dei parlamenti nazionali, in modo da costruire una sovranità parlamentare europea fondata sulle legittimità democratiche nazionali.
154 (902)
La soluzione giusta sarebbe disporre di una dichiarazione unica dei redditi a livello europeo, e suddividere poi le entrate con un criterio meno manipolabile di quello attuale dei redditi suddivisi per singola sede.
155 (903)
sono tutte imposte che pongono il problema delle multinazionali.34 È perciò evidente che le risposte a queste domande possono essere date solo a livello europeo (o mondiale). La soluzione più giusta? Lo abbiamo detto: affidare al parlamento di bilancio dell’eurozona l’adozione di questi strumenti.
156 (903)
Tutto ciò è utopico? Non più della pretesa di creare una moneta senza Stato.
157 (903)
Oggi, per i paesi europei, la priorità dovrebbe essere quella di istituire un potere pubblico continentale in grado di riprendere il controllo del capitalismo patrimoniale e degli interessi privati, e di promuovere il modello sociale europeo per il XXI secolo; i piccoli contrasti tra modelli nazionali sono relativamente secondari, tanto più che è in gioco la sopravvivenza di un modello comune.35
158 (905)
quale sarebbe il livello auspicabile di debito pubblico? Diciamolo subito: non esiste certezza assoluta in proposito, e soltanto la dialettica democratica può aiutare a rispondere alla domanda, in relazione agli obiettivi che si dà una collettività e alle sfide particolari che essa deve affrontare.
159 (908)
Accumulare a sufficienza capitale perché il rendimento scenda al livello della crescita può insomma aiutare a porre fine all’egemonia dei rentiers.
160 (910)
Nel 1992, in occasione della creazione dell’euro, il Trattato di Maastricht ha previsto che il deficit di bilancio non possa superare il 3% del PIL e che il debito pubblico globale debba rimanere inferiore al 60% del PIL.47 La precisa logica economica che presiede alla scelta di queste cifre non è mai stata del tutto chiarita.
161 (911)
È un conservatorismo giuridico oggi particolarmente pericoloso per l’Europa, un continente nel quale si tende spesso ad anteporre il diritto assoluto alla libera circolazione delle persone, dei beni e dei capitali al diritto degli Stati di promuovere l’interesse generale, il quale comprende anche il diritto di far pagare le tasse.
162 (912)
Il patrimonio pubblico netto è quasi nullo, considerata l’ampiezza dei debiti pubblici, mentre il patrimonio privato netto è talmente elevato che la somma dei due non è mai stata così alta da un secolo a questa parte.
163 (914)
conclusioni di Stern mi sembrano più ragionevoli di quelle di Nordhaus,
164 (917)
Affinché la democrazia riesca un giorno a riprendere il controllo del capitalismo, bisogna innanzitutto partire dal principio che le forme concrete della democrazia e del capitale sono ancora e sempre da reinventare.60
165 (924)
Il parlamento potrebbe essere composto da una cinquantina di membri per ciascun grande paese dell’eurozona, in proporzione alla popolazione. I membri potrebbero essere un’emanazione dei rispettivi ministeri delle finanze e degli affari pubblici dei parlamenti nazionali, oppure essere scelti altrimenti. Il nuovo trattato europeo adottato nel 2012 prevede una “conferenza dei parlamenti nazionali”, ma si tratta di un’assemblea puramente consultiva, senza un potere proprio, e pertanto senza un debito comune.
166 (935)
legati in particolare alla diffusione delle conoscenze e delle competenze, ma anche potenti fattori di divergenza, potenzialmente minacciosi per le nostre società democratiche e per i valori di giustizia sociale sui quali esse si fondano.
167 (935)
Le conseguenze possono essere preoccupanti per la dinamica a lungo termine della distribuzione delle ricchezze, soprattutto se viene sommata alla disuguaglianza relativa al volume del capitale iniziale, e se il processo di divergenza delle disuguaglianze patrimoniali si verifica a livello mondiale.
168 (937)
Ma, a mio avviso, se si vuole riprendere davvero il controllo del capitalismo, non esiste altra scelta se non quella di scommettere fino in fondo sulla democrazia, soprattutto su scala europea.
169 (938)
Solo l’integrazione politica regionale ci dà però la possibilità di pensare a una regolamentazione efficace del capitalismo patrimoniale globalizzato del XXI secolo.
170 (938)
è troppo facile per i ricercatori di scienze sociali porsi al di fuori del pubblico dibattito e del confronto politico, e limitarsi a svolgere il ruolo di commentatori e demolitori di ogni discorso e di ogni statistica.
171 (939)
invece impegnarsi nel pubblico dibattito e nella libera dialettica democratica.
172 (939)
Per troppo tempo gli economisti hanno cercato di definire la propria identità a partire dai loro presunti metodi scientifici. In realtà, tali metodi sono soprattutto fondati su un uso smodato dei modelli matematici, i quali si risolvono spesso in un pretesto per farsi spazio e dissimulare la vacuità del ragionamento.
173 (940)
Non si capirà mai la storia del XX secolo facendo finta che la prima guerra mondiale non sia mai avvenuta, oppure che non siano mai state istituite l’imposta sul reddito e la pensione a ripartizione. Le cause storiche sono ovviamente difficili da stabilire con certezza: siamo sicuri che quella tale politica abbia avuto quel tale effetto, oppure quell’effetto non sarà stato determinato da un’altra causa?
174 (940)
Gli economisti, se vogliono davvero rendersi utili, devono soprattutto imparare a essere più pragmatici nelle loro scelte metodologiche, fare tabula rasa delle proprie certezze, se occorre, e porsi in rapporto con le altre scienze sociali.
175 (943)
Ma è anche vero che i ricercatori di scienze sociali (tutte le scienze sociali), i giornalisti e i responsabili di tutti i tipi di media, i militanti sindacali e politici di ogni tendenza, e in primo luogo tutti i cittadini, dovrebbero interessarsi al denaro, alla sua misurazione, ai fatti e ai processi che lo riguardano. Chi ne ha molto non dimentica mai di difendere i propri interessi. Il rifiuto della contabilità ha raramente giovato ai più poveri.
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Sanasto Vocabulary Словарь (Code: w)

1 cedole (81)
kuponkeja
2 PIL (92)
.Prodotto interno lordo Valore totale dei beni e servizi prodotti in un Paese
3 divario (100)
kuilu,
4 capovolgimento (124)
5 stoviglie (136)
astiat,
6 cartamoneta (159)
7 scovare (170)
ajaa ulos
8 Regno Unito (172)
9 monarchie censitarie (tra il 1815 e il 1848) (192)
monarkioita censitarie (välillä 1815 ja 1848).
10 surriscaldato (194)
11 varcare (221)
ylittää
12 intrallazzi (357)
keplottelu.
13 galeotto (358)
.Jailbird.
14 vetta (359)
huippukokous.
15 vettore (388)
vektori
16 trascurabile (444)
merkityksetön.
17 gara (492)
rotu
18 azzeramento (516)
asettaa uudelleen
19 patrimonio (517)
perintö
20 tre quinti (599)
21 gruzzolo (658)
hamstrata
22 frode (682)
petos
23 deprecabile (700)
halveksittava,
24 famigerate gabelle (774)
pahamaineinen gabelle
25 rovesciata (779)
ylösalaisin,
26 mondializzazione (788)
27 accecamento (789)
häikäistä
28 l’accorgimento (830)
varovaisuus,
29 respinto (848)
hylättiin.
30 improntate (855)
merkitty
31 massicciamente (876)
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Kielikuvat Idioms Идиома (Code: i)

1 libri di testo (64)
2 concetto basilare (79)
3 variano notevolmente a seconda delle imprese (84)
4 è possibilissimo (102)
5 banconote cartacee (155)
6 lire tornesi (156)
Livres
7 possono non considerarsi schiavi del bisogno (158)
8 flagellati dall’inflazione (161)
9 concetti basilari di reddito e di capitale (168)
10 In entrambi i paesi (180)
11 più a fondo (221)
12 l’economia della sua natia Virginia (231)
13 primo dato che colpisce l’attenzione (241)
14 “reddito imprenditoriale” (301)
15 una stima univoca (303)
16 di vista dei contemporanei che li vivono in prima persona (332)
17 Per Marx (336)
il meccanismo di fondo in base al quale “la borghesia produce i suoi stessi seppellitori”
18 Come vedremo più avanti (357)
19 della belle époque (358)
20 fluttuino notevolmente da un anno all’altro (363)
21 cifre indicate sono volutamente arrotondate e approssimative (365)
22 centili o anche con i millili (372)
23 In secondo luogo (390)
24 dalla pelle bianca (435)
25 alla vigilia del crac (435)
26 la situazione sarebbe stata del tutto diversa (440)
27 viene bloccato su quel livello da Bush figlio (463)
28 dal 1820 al 1913 (529)
29 in termini duraturi (530)
30 in misura più massiccia (555)
31 Il problema non è solo quantitativo (559)
Tutt’altro.
32 Per semplificare (560)
possiamo constatare
33 molto più in fretta (574)
34 Innanzitutto (577)
35 pura uguaglianza contabile (582)
36 a mio giudizio (582)
37 in cui (590)
per ipotesi,
38 fasce d’età (600)
39 (prima ascendente poi discendente (601)
40 più massiccio del crollo dei patrimoni (602)
41 quale che sia l’evoluzione della speranza di vita (606)
42 In altri termini (616)
43 A volte (638)
44 quanto facciano i loro omologhi francesi e tedeschi) (644)
45 offrire un quadro troppo pessimistico (658)
46 a più riprese (661)
47 ma sarebbe assurdo e controproducente ignorarle (665)
48 nell’arco di trent’anni (674)
49 Una delle lezioni più interessanti ricavabili dalle classifiche (675)
50 “liquidare” le anatre zoppe (730)
"Rahaksi" rampa ankka,
51 arrivare al nocciolo della questione (773)
52 potere d’acquisto (780)
53 Il mistero della regolamentazione cinese del capitale13364 (853)
3,La questione della redistribuzione della rendita petrolifera
54 lavorano di concerto (892)
55 Più in generale (915)
mi pare importante insistere,
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Määritelmät Definitions Определения (Code: d)

1 WTID=World Top Incomes Database (42)
World Top Incomes Database
2 legge α (50)
= r × β (secondo la quale la quota di capitale nella composizione del reddito nazionale equivale al prodotto del tasso di rendimento da capitale moltiplicato per il rapporto capitale/reddito), oppure la legge β = s/g (secondo la quale il rapporto capitale/reddito è pari, sul lungo termine, al rapporto tra il tasso di risparmio e il tasso di crescita).
3 Reddito nazionale (69)
= prodotto interno + redditi netti dall’estero
4 Reddito nazionale (70)
= redditi da capitale + redditi da lavoro
5 Patrimonio nazionale (74)
= patrimonio privato + patrimonio pubblico
6 α (79)
= r × β Dove r è il tasso di rendimento medio del capitale. Per esempio, se β = 600% e r = 5%, avremo α = r × β = 30%.
7 Capitale nazionale (176)
= terreni agricoli + abitazioni + altro capitale interno + capitale estero netto
8 legge dinamica di accumulazione β (257)
= s/g.
9 quota di capitale α (322)
= r × β
10 Quando la formula β (339)
= s/g è stata introdotta apertamente e per la prima volta dagli economisti Harrod e Domar, alla fine degli anni trenta e durante gli anni quaranta, era normale scrivere e leggere la formula nel senso inverso, cioè g = s/β. In particolare, Harrod, nel 1939, ritiene che il rapporto capitale/reddito β sia rigorosamente fisso e imposto dalle tecnologie disponibili (come nel caso di una funzione di produzione a coefficienti fissi, senza alcuna sostituzione possibile tra lavoro e capitale), per cui il tasso di crescita sarebbe interamente determinato dal tasso di risparmio.
11 La legge β (342)
= s/g descrive certo un cammino di crescita in cui tutte le grandezze macroeconomiche – stock di capitale e flusso di reddito e di produzione – progrediscono, a lungo termine, allo stesso ritmo.
12 by (582)
= μ × m × β Dove β è il rapporto capitale/reddito (o, più esattamente, il rapporto tra il totale dei patrimoni privati – i soli che possono essere trasmessi per successione, al contrario delle attività pubbliche – e il reddito nazionale), m è il tasso di mortalità e μ la stima del rapporto tra il patrimonio medio al momento del decesso di chi trasmette l’eredità e il patrimonio medio delle persone in vita.
13 la regola r (906)
= g, battezzata nel 1961 da Edmund Phelps la “regola aurea dell’accumulazione del capitale”, comporterebbe uno stock di capitale di gran lunga superiore a quelli osservati nel corso della storia, dato che, come abbiamo visto, il tasso di rendimento è risultato sempre nettamente superiore al tasso di crescita.
14 la regola r (906)
= g, battezzata nel 1961 da Edmund Phelps la “regola aurea dell’accumulazione del capitale”,
15 La quota di capitale è data da α (928)
= r × β. Sul lungo termine, sarà β = r/g, quindi α = s × r/g. Quindi, ancora, α = s se r = g, e α > s se e solo se r > g. Cfr. allegato tecnico.
16 Teoria generale dedicati all’eutanasia dei rentiers (capp. 16 e 24) Keynes sviluppi un’idea prossima a quella della “saturazione del capitale”: accumulando troppo capitale i rentiers perderanno il loro rendimento e finiranno per “suicidarsi”. Tuttavia Keynes non precisa fino a che punto dovrà arrivare l’accumulazione (nessuna traccia dell’equazione r (929)
= g), e non prende in considerazione, in modo esplicito, un’accumulazione pubblica.
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Kirjanmerkit Bookmarks Закладка (Code: b)

120170303+19p=19p2%*
220170304+14p=33p3%**
320170305+43p=76p8%****
420170306+38p=114p12%******
520170308+16p=130p14%*******
620170308+38p=168p18%*********
720170310+38p=206p22%***********
820170312+94p=300p32%****************
920170315+52p=352p37%******************
1020170318+51p=403p43%**********************
1120170328+53p=456p48%************************
1220170330+52p=508p54%***************************
1320170331+5p=513p54%***************************
1420170402+60p=573p61%******************************
1520170403+27p=600p63%********************************
1620170404+19p=619p65%********************************
1720170407+41p=660p70%***********************************
1820170408+39p=699p74%*************************************
1920170409+28p=727p77%**************************************
2020170410+12p=739p78%***************************************
2120170411+33p=772p82%*****************************************
2220170411+47p=819p87%********************************************
2320170412+51p=870p92%**********************************************
2420170413+39p=909p96%************************************************
2520170414+35p=944p100%**************************************************
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Yhteenvedot Reviews Резюме (Code: ###)

Thomas Piketty: Il capitale nel XXI secolo
1,14797,946,eco,ita,20170302,20170414,5,Thomas Piketty: Il capitale nel XXI secolo
20170302-20170414, 946 pages, 5* SalesInfo o eng

A cornerstone of applied economics


Capital in the twenty-first century by Thomas Piketty is a truly tremendous book. The performance of Piketty can only be compared with no less that of Adam Smith as the founder of the economics discipline and the study of market economy and J M Keynes as the initiator of genuine macroeconomic considerations in the formulation of government policies.

Now comes Piketty from dismal nowhere to full light with his treatment of inequality in the distribution of global capital and income. His study is based on worldwide data and two centuries of development with complete awareness of the adequacy and limitations of the available data. He has divided the world into half a dozen of regions with different characteristics of their stages of economic development. Piketty's great merit is that he does not hesitate in presenting ideas for worldwide management of this inequality of capital return and growth of productivity. All for the benefit of worldwide economic stability. Admirable is his clarity and perspicacy of presentation of the enormous amount of data he is using.

Piketty if anybody for his pioneering contribution in this most important analysis and management of basic economic processes also deserves the most appreciated premiums in the field.

As a representant of the professional education I consider it of the highest practical necessity that an abbreviated to one third or one quarter edition of this volume be prepared for educational purposes on the very first level, preferably by Piketty himself. The subject matter of this study is of primary urgency for future economists but this book is quite too wide to be used as a normal text book for exams.

Also the very basic concepts of this study should be found in Wikipedia to be easily and constantly referenced for reading the text. At the moment that is astonishingly not the case. Awaiting that, copying from the book to own extended clipboard is a practical piece of advice.

No amount of stars is too big for this completely exceptional book, both for its merits in readability and importance of the subject treated, five stars seems too little.

Una pietra miliare di Economia Applicata


Capitale nel XXI secolo da Thomas Piketty tratta di un libro davvero eccezionale. Le prestazioni di Piketty non può che essere non inferiore rispetto a quella di Adam Smith come il fondatore della disciplina economia e lo studio di economia di mercato e JM Keynes come l'iniziatore di considerazioni macroeconomiche genuini nella formulazione delle politiche di governo.

Ora arriva Piketty da nessuna parte a piena luce con il suo trattamento di disuguaglianza nella distribuzione del capitale globale e di reddito. Il suo studio è basato su vasto mondo di dati e due secoli di sviluppo con piena consapevolezza della adeguatezza e limitazioni dei dati disponibili. Ha diviso il mondo in una mezza dozzina di regioni con differenti caratteristiche dei loro stadi di sviluppo economico. Grande merito di Piketty è che egli non esita a presentare idee per l'ampia gestione mondiale di questa disparità di rendimento del capitale e la crescita della produttività. Tutto a vantaggio della stabilità economica mondiale. Ammirevole è la sua chiarezza di presentazione e perspicacitá dell'enorme quantità di dati che sta usando.

Piketty se qualcuno per il suo contributo pionieristico nel presente avviso più analisi e la gestione dei processi economici fondamentali anche merita i premi più apprezzati del settore.

Come representante della formazione professionale, ritengo della massima necessità pratica che un abbreviato a un terzo o un quarto edizione di questo volume essere preparati per scopi didattici nel primo livello, preferibilmente da Piketty se stesso. L'oggetto di questo studio è di urgenza primaria per gli economisti future, ma questo libro è abbastanza troppo ampio per essere usato come un libro di testo normale per gli esami.

Anche i concetti di base di questo studio dovrebbero essere trovati in Wikipedia per essere facilmente e costantemente riferimento per la lettura del testo. Al momento sorprendentemente non è questo il caso. In attesa, copiando dal libro di possedere appunti esteso è un pezzo pratico di consigli.

Nessuna quantità di stelle è troppo grande per questo libro del tutto eccezionale, sia per i suoi meriti in leggibilità e l'importanza della materia di trattati, cinque stelle sembra troppo poco.

Sovelletun taloustieteen kulmakivi


Thomas Pikettyn Pääoma 21. vuosisadalla on todella suurenmoinen kirja. Pikettyn suoritusta voi verrata vain Adam Smithn tekoihin taloustieteen perustajana ja markkinatalouden tutkijana ja J M Keynesiin aloitteentekijänä aidon makrotalouden näkökohtien käyttöönotossa hallituksen politiikan muotoilussa.

Nyt tulee Piketty tyhjästä täyteen valoon tutkimuksellaan globaalin pääoman ja tulojen epätasaisesta jakautumisesta. Hänen tutkimuksensa perustuu maailmanlaajuisiin tietoihin ja kahden vuosisadan kehityksen täysin tietoisena käytettävissä olevien tietojen riittävyydestä ja rajoituksista. Hän on jakanut maailman puoleen tusinaan alueita, joilla on erilaiset ominaisuudet ja taloudellinen kehitystaso. Pikettyn suuri ansio on, että hän ei epäröi esittää ideoita siitä kuinka voitaisiin maailmanlaajuisesti hallinnoida tätä epätasaista pääoman tuoton ja tuottavuuden kasvua. Kaikki tämä maailmanlaajuisen taloudellisen vakauden edistämiseksi. Ihailtavaa on hänen tarkkanäköisyytensä ja esityksen selkeys valtavan datamäärän käyttäjänä.

Piketty jos kuka ansaitsee alan arvostetuimmat palkinnot uraauurtavasta panoksestaan näiden tärkeiden ja perustavaa laatua olevien taloudellisten prosessien analysoimisesta.

Alan ammatillisen koulutuksen edustajana katson käytännön kannalta välttämättömäksi, että kolmannekseen tai neljännekseen lyhennetty laitos tästä kirjasta on toimitettava opetustarkoituksiin ensimmäisellä tasolla, mieluiten Piketty itse laatimana. Tutkimuksen aihe on ensiarvoisen tärkeä tuleville ekonomisteille, mutta tämä kirja on liian laaja käytettäväksi tavallisena oppikirjana opintosuorituksissa.

Myös tutkimuksen tärkeimmät peruskäsitteet olisi löydyttävä Wikipediassa, jolloin niihin on helppo viitata ja jatkuvasti käyttää tekstiä luettaessa. Tällä hetkellä hämmästyttävää kyllä niin ei ole asian laita. Odotellessa on käytännöllinen neuvo kopioida ne kirjasta omalle laajennetulle leikepöydälle.

Mikään määrä tähtiä ei ole liian iso tälle täysin poikkeukselliselle kirjalle sekä sen ansioista ​​luettavuudessa että sisällön tärkeydessä, viisi tähteä tuntuu liian vähältä.

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Huomautukset Remarks Замечания (Code: @@@)


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Piketty-Capitale-ajk.txt o MyeBooks o 20170302-20170414, 946 pages, 5* SalesInfo o eng

Asko Korpela 20180410 (20110710) o Ajk homepage o WebMaster
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